IMU non tassato il diritto edificatorio compensativo. Cassazione sezioni unite n. 23902/2020.

Va stabilito che “un’area, prima edificabile e poi assoggettata ad un vincolo di inedificabilità assoluta, non è da considerare edificabile ai fini ICI ove inserita in un programma attributivo di un diritto edificatorio compensativo, dal momento che quest’ultimo non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso”.
Questo l’importante principio (o la somma di principi) di diritto cui giunge la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza numero 23902 del 29 ottobre 2020.
Nello specifico la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva affermato l’imponibilità Ici dell’area in questione, ancorché quest’ultima fosse stata privata della propria originaria edificabilità, e nonostante il programma di compensazione urbanistica adottato dal Comune non si fosse ancora completato mediante l’esatta individuazione dell’area di fruizione compensativa della volumetria.
Si verte, in sostanza, in tema di imposizione Ici nel periodo (c.d. di “volo”), successivo all’imposizione del vincolo assoluto (parco pubblico) sull’area originaria, ma antecedente alla certa individuazione ed assegnazione dell’area di sfruttamento compensativo.
La conclusione del giudizio era molto attesa e tuttavia non del tutto scontata; le complesse motivazioni scritte dai giudici di legittimità ne sono la riprova. La sentenza è molto articolata ed offre spunti per rilasciare anche commenti su fattispecie analoghe e per ampliare la panoramica di diritto ben oltre il dispositivo indicato in premessa.
Importante anche rilevare da subito che la fattispecie, sebbene riferita al periodo di imposta 2005 e quindi all’Ici, è perfettamente calzante ai fini IMU, lo dicono gli stessi Giudici come sarà di seguito evidenziato.
In assenza di precedenti specifici di legittimità sull’imposizione Ici in caso di “compensazione urbanistica” sussistevano taluni precedenti (Cass.n. 27575/18; 15693- 15700/17) concernenti analogo problema in fattispecie di “perequazione urbanistica”, “per effetto della quale viene attribuito un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà destinate alla trasformazione di uno o più ambiti del territorio comunale, a prescindere dall’effettiva localizzazione dei diritti edificatori, trasferibili e negoziabili separatamente dal suolo (…)” (Cass.n. 27575/18 cit.), i quali hanno concluso per l’effettivo assoggettamento ad Ici dell’area di partenza, in applicazione del principio per cui il presupposto oggettivo di questo tributo può essere individuato anche soltanto nella “mera potenzialità edificatoria” dell’area, secondo quanto già stabilito da Cass.SS.UU.n.25506/06, ed altre conformi.
Secondo quanto affermato dalla Sezione Tributaria della Cassazione almeno fino al 2015 (Cass.nn. 25672/08; 5992/15) l’apposizione sull’area di un vincolo di destinazione a servizio pubblico o di interesse pubblico, ovvero a verde pubblico attrezzato, oppure impedire ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, escludevano la “fabbricabilità” e dunque la tassabilità dell’area. A partire dal 2015, è invece andato consolidandosi, all’interno della sezione, l’opposto orientamento, in base al quale l’apposizione di vincoli di destinazione, ancorché indubbiamente incidenti sul valore venale dell’immobile, non costituisce(va) fattispecie tale da farne venir meno l’originaria natura edificabile (Cass.n. 17764/18, 23814/16; 14763/15).
Affermano però i giudici nella sentenza 23902 che la soluzione della imponibilità ICI/IMU in ragione della mera potenzialità edificatoria susciterebbe qualche perplessità, specie a fronte dei nuovi strumenti, variamente previsti dalle normative regionali, della perequazione, della compensazione e dell’incentivazione urbanistica, destinati a sostituire lo schema classico della c.d. “zonizzazione”; qualora si attribuisse ai diritti edificatori in questione natura obbligatoria, ben difficilmente se ne potrebbe ammettere l’imponibilità Ici/Imu, essendo quest’ultimo un tipico tributo di natura reale che presuppone l’edificabilità. Ciò avverrebbe (la tassazione) solo in forza della conclusione del procedimento compensatorio; sicché fino a tale momento non esisterà l’edificabilità di alcuna area, ma soltanto una mera possibilità futura di edificabilità, neppure certa nell’an e nel quando”; mancando i requisiti, richiesti dalla norma tributaria, dell’attualità, realità e localizzazione della capacità edificatoria, le aree di compensazione non sembrano poter essere assimilate a quelle fabbricabili indicate dalla normativa Ici/Imu, neppure sotto il profilo di una loro “potenzialità.
Si verifica, nella specie, l’attribuzione di un “credito” compensativo di natura indennitaria suscettibile di essere fruito su un’altra area (di “atterraggio”) la cui identificazione può tuttavia avvenire anche molto tempo dopo l’imposizione del vincolo sull’area di origine, con le conseguenti problematiche circa la configurabilità non soltanto del presupposto oggettivo dell’Ici, ma anche di quello soggettivo.
Altra importante considerazione della Suprema Corte è circa la nozione di fabbricabilità o edificabilità di un’area, seppure applicata ad esclusivi fini tributari, che pone un problema, se non di obbligata uniformità, quantomeno di raffronto e raccordo sistematico con i principi propri della disciplina amministrativa ed urbanistica che regolano la sorte dei suoli. Ci si trova di fronte infatti a una serie di Istituti che trovano una regolamentazione estremamente variegata, sul piano strettamente urbanistico, nella legislazione regionale. Il comune denominatore dei diritti edificatori in questione è dato – al di là dei menzionati obiettivi di politica generale nel governo del territorio – dalla loro riconosciuta scorporabilità dal terreno che li ha originati, e dalla conseguente loro autonoma cedibilità negoziale.
Nel caso dell’urbanistica perequativa, si ha distribuzione paritetica e proporzionale – tra tutti i proprietari di un determinato ambito territoriale o lotto – tanto del vantaggio costituito dalla edificabilità, quanto dell’onere di contribuzione ai costi di riqualificazione, urbanizzazione e realizzazione di aree a servizi di pubblica utilità o verde. In questo modo, a tutti i suoli dell’ambito territoriale di intervento viene riconosciuto un valore edificatorio costante, indipendentemente dalla effettiva e specifica collocazione, all’interno di esso, dei fabbricati assentiti; collocazione che, stante appunto l’effetto distributivo-perequativo, risulta in definitiva indifferente per i singoli proprietari, i cui terreni saranno comunque destinatari di una quota uguale di edificabilità.
Nel caso della compensazione urbanistica la P.A. attribuisce al proprietario un indice di capacità edificatoria (credito edilizio o volumetrico) fruibile su altra area di proprietà pubblica o privata, non necessariamente contigua e di anche successiva individuazione; ciò a fronte della cessione gratuita dell’area oggetto di trasformazione pubblica, ovvero di imposizione su di essa di un vincolo assoluto di inedificabilità o preordinato all’esproprio.
Il diritto edificatorio proveniente da interventi compensativi può trovare fondamento, ad esempio in ordine alla sua quantificazione, nel piano regolatore generale, ma viene assegnato (ed è dunque trasferibile tra privati) solo all’esito della cessione dell’area o dell’imposizione del vincolo; trattandosi di un istituto con funzione corrispettiva o indennitaria di un’edificabilità soppressa, esso risulta indifferente alle successive variazioni di piano.
Nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, è quindi particolarmente evidente la progressività dell’iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest’ultima si articola – seguendo la metafora aviatoria utilizzata in materia dagli urbanisti – in una fase (o area) di “decollo”, costituita dall’assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase (o area) di “atterraggio”, data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase di “volo” rappresentata dall’arco temporale intermedio durante il quale l’area di “atterraggio” ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sè.
Ciò che sembra rappresentare un ostacolo davvero invalicabile nell’affermare la natura reale del diritto edificatorio in questione per la Corte di Cassazione, è il suo totale distacco dal fondo di origine e la sua conseguente perfetta ed autonoma ambulatorietà.
Non può negarsi che la fattispecie presenti una (necessaria) duplice connessione fondiaria nel richiedere che il diritto edificatorio scaturisca da un terreno (di decollo) per poi essere esercitato su un altro terreno (di atterraggio); ma si tratta di una connessione funzionale estrinseca e non ricostruibile in termini di realità, dal momento che il diritto, o credito, edificatorio che dir si voglia – proprio per lo scopo compensativo e l’autonomia che gli sono coessenziali – non è inerente né immediatamente pertinente al fondo di partenza, di cui neppure costituisce una qualità intrinseca atta ad essere economicamente valorizzata solo nel trasferimento congiunto con esso.
Il difetto di inerenza in senso giuridico (tanto civilistico quanto tributario) si evidenzia in maniera addirittura eclatante in quello che è il segmento più critico, e rivelatore, della fattispecie, appunto quello del “volo”; allorquando il diritto di costruire non può più essere esercitato sul fondo di origine, e non può ancora essere esercitato sul fondo di destinazione perché non ancora assegnato né, forse, individuato. Anche questa considerazione dei giudici di legittimità, esaminata nel contesto della Sentenza, pare escludere la tassabilità delle aree a compensazione anche qualora le aree di “atterraggio” siano state individuate, ma l’iter urbanistico non sia ancora perfezionato. Si afferma che nella fattispecie in esame non si giungerebbe ad una soluzione diversa dalla non tassabilità neppure in quei casi nei quali (come pure è ipotizzabile) il controvalore economico del diritto edificatorio risultasse invece di fatto facilmente accertabile ed anche di significativa consistenza perché, al contrario, intercettato in una annualità di avvenuta o imminente individuazione di tutti gli elementi satisfattivi della compensazione edificatoria (area di atterraggio; volumetria edificabile; tempi di edificazione, oneri di urbanizzazione ecc…). Ciò perché se è vero che anche la “sola” attribuzione di un diritto edificatorio compensativo incrementa (alla stessa maniera del ‘solo’ avvio della procedura amministrativa di edificabilità) il patrimonio del proprietario del suolo con l’obiettivo di reintegrarlo in tutto o in parte al livello antecedente alla inedificabilità, è anche vero che questa misurazione può risultare addirittura impossibile, essendo il più delle volte ignota l’area di destinazione, ed imprevedibili i tempi (spesso notoriamente assai lunghi) della sua effettiva assegnazione da parte della PA.
In definitiva, ciò che osta alla tassazione dell’area (o del diritto) non è la difficoltà di stima – e neppure la non irragionevole eventualità che, in considerazione dell’alto grado di indeterminatezza della fattispecie di assegnazione sostitutiva dell’ edificabilità, il valore economico del diritto edificatorio possa risultare per molte annualità di fatto pari o prossimo allo zero – quanto l’ontologica autonomia giuridica ed economica del diritto edificatorio rispetto al suolo dal quale emana.
In altre parole non è un problema di base imponibile ma di presupposto dell’imposizione.
Ai giudici di legittimità non è sfuggita l’attualità della Sentenza tanto che, sebbene non fosse necessario, hanno precisato che la disciplina Ici (oggetto di giudizio di rimessione) funge, nell’ambito della fiscalità locale, da matrice di riferimento anche per i tributi che si sono ad essa succeduti (d.lgs.23/2011, I. 147/2013, Iuc-Tasi; l.160/2019, nuova Imu) e che hanno accolto la medesima nozione di area fabbricabile; la fattispecie impositiva è incentrata, da un lato, sulla tassativa ed esaustiva elencazione dei beni immobili colpiti (fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli) e, dall’altro, su una relazione di realità con tali immobili. E’ vero, si segnala, che la disciplina dell’Ici conosce anche sconfinamenti tanto in senso personalistico (come nel regime delle esenzioni di cui all’articolo 7 d.lgs.504/92, talvolta facente richiamo non alle caratteristiche oggettive del bene immobile ma alla qualità soggettiva del suo possessore), quanto in senso obbligatorio (come nell’imposizione a carico dell’utilizzatore in leasing, ex articolo 3, co.2^ I.cit.), e tuttavia si tratta di previsioni di natura eccezionale e derogatoria rispetto agli elementi costitutivi generali del tributo che, dal punto di vista tanto della legittimazione soggettiva passiva (proprietario o titolare di diritto reale su l’immobile), quanto del presupposto obiettivo (possesso di fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli) fanno inequivoco riferimento al sostrato reale dell’imposta.
Per concludere si fa cenno che nel corso della Sentenza, in fase di esame dei vari diritti edificatori propriamente detti, ci si riferisce anche alla “cessione di cubatura”; in tal caso il trasferimento (totale o parziale) della capacità edificatoria del fondo avviene – tra privati – a favore di un’area fin dall’inizio ben determinata, se non necessariamente contigua quantomeno prossima, e di destinazione urbanistica omogenea. Viene, infatti, segnalato che si tratta di questione sulla quale le SSUU dovranno prossimamente tornare a seguito dell’ordinanza di rimessione recentemente emessa dalla Sezione Tributaria (n.19152 del 15 settembre 2020). Non è escluso che parte del giudizio sia già stato anticipato nelle motivazioni di cui si è detto sopra.