L’IVA teorica, e non solo, nel conteggio della soglia 10% per le ritenute negli appalti.

Nell’ambito della disciplina delle ritenute negli appalti, per il calcolo della soglia del 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi, tra i versamenti è ricompresa anche l’IVA assolta dal committente in regime di reverse charge e l’IVA relativa alle operazioni rese dalle imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici alla PA, obbligata allo split payment. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 53/E del 22 settembre 2020, con cui ha ricordato che in tutte e due le ipotesi, per contrastare comportamenti fraudolenti, l’obbligo di versare l’IVA è trasferito dall’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice al committente, pubblico o privato.
Questo l’importante ed atteso chiarimento, ma andiamo con ordine.
Con la risoluzione n. 53 del 22 settembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di “soglia del 10 per cento”; in particolare è stata illustrata la modalità di conteggio e determinazione dei complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi, richiesto dalla normativa specifica in tema di appalti.
L’articolo 17-bis, c. 5, del D. Lgs. n. 241 del 1997 stabilisce, che gli obblighi previsti dalla norma (quindi la complessa procedura attraverso cui il committente deve verificare il corretto versamento delle ritenute nei modelli F24 da parte del prestatore per ogni singolo soggetto impiegato presso i propri cantieri, le proprie sedi ed uffici che tanti problemi operativi ha creato all’inizio dell’anno 2020) non trovano applicazione qualora le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici comunichino al committente, allegando la relativa certificazione, la sussistenza, nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza i seguenti requisiti:
-risultino in attività da almeno tre anni,
-siano in regola con gli obblighi dichiarativi
-abbiano eseguito, nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
-non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.
Il calcolo della soglia del 10 per cento è stato uno degli argomenti dibattuti specialmente per certi ambiti di attività, come quello degli appalti in cui opera il reverse charge (ad esempio nell’edilizia) e per tutti i settori in cui ci si rivolge a clienti che sono lo Stato, Enti Pubblici e soggetti assimilati per cui la fatturazione e il versamento dell’Iva avviene con il meccanismo dello split payment, in cui come noto il versamento dell’Imposta è affidato al committente.
Tali imprese si vedevano “spossessate” dal versamento dell’IVA con indubbio effetto negativo sulla possibilità di ottenere il cosiddetto DURF fiscale, peraltro agendo in settori di attività maggiormente interessati e colpiti dalla normativa antielusiva in commento.
Già il 4 marzo 2020, in risposta ad una interrogazione parlamentare, il Ministro dell’Economia aveva precisato che -in particolare per lo Split- andavano considerati i versamenti “teorici” dell’Iva sebbene questa fosse materialmente versata dal Committente; interpretazione a breve ripresa anche dalla Direzione Regionale Emilia Romagna.
Si attendeva pertanto un chiarimento ufficiale, data anche la fine della moratoria Covid in tale ambito.
L’Agenzia chiarisce dunque che ai fini del calcolo della soglia del 10 per cento dell’ammontare dei ricavi o compensi, tra i versamenti, deve essere considerata anche l’IVA relativa alle operazioni rese dalle imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici alla PA e ai soggetti ad essa equiparati, obbligati allo split payment. L’articolo 17-ter del d.P.R. n. 633 del 1972 individua comunque il cedente o il prestatore quale soggetto su cui ricade il debito di imposta nei confronti dell’Erario, in relazione alle operazioni rese nei confronti di una PA o di un soggetto ad essa assimilato ivi indicato. Solo in un’ottica di contrasto ai comportamenti fraudolenti, viene spostato sull’ente pubblico e sui soggetti assimilati l’obbligo di versare l’IVA. Pertanto, ai fini del calcolo della “soglia del 10 per cento” si computeranno tra i versamenti delle imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici le somme costituenti l’IVA relativa alle operazioni soggette allo split payment.
A uguali conclusioni, afferma l’agenzia -ma per ragioni in parte diverse (anche se peraltro le diverse ragioni non si ravvisano)- si perviene con riferimento alle operazioni soggette al regime dell’inversione contabile. Ciò comporta infatti che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore ed è adottato dagli Stati Membri in deroga alla procedura normale di applicazione dell’Iva al fine di contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’erario. Al pari dello split payment, è sempre per finalità antifrode che il versamento dell’imposta oltre che, in questo caso, l’applicazione dell’imposta sono spostati dall’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice al committente. Di conseguenza, anche l’IVA assolta dal committente in regime di inversione contabile si ritiene che possa essere ricompresa nei versamenti per il calcolo della soglia del 10 per cento.
Per analoghe ragioni il conteggio dei versamenti sul conto fiscale in ottica 10% non può essere limitato alle due fattispecie sopramenzionate.
Nella Risoluzione è stato chiarito che tra i versamenti si considera anche l’“imposta teorica” corrispondente al reddito della società, imputato per trasparenza ai soci, che provvedono al pagamento dell’imposta, nell’ipotesi di esercizio dell’opzione per la trasparenza fiscale, e l’ “imposta sul valore aggiunto teorica” risultante dalla liquidazione periodica della società controllata, ma assolta dall’ente controllante, nel caso di opzione per la liquidazione Iva di gruppo.
Per i soggetti aderenti al consolidato fiscale, è stato chiarito che ai fini della determinazione dei complessivi versamenti del numeratore, può essere fatta valere anche l’«imposta teorica» corrispondente al reddito complessivo proprio di cui all’articolo 121 del TUIR attribuito al consolidato fiscale delle imposte.
Al pari del regime del consolidato fiscale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR, anche i regimi della trasparenza fiscale e della liquidazione Iva di gruppo, si caratterizzano per il fatto che il debito tributario matura, in via autonoma, in capo a ciascuna delle società aderenti, che provvedono alla liquidazione della relativa imposta, mentre il solo assolvimento del debito tributario viene eseguito da un altro soggetto, legato al primo da rapporti di partecipazione/controllo.
La Risoluzione però non chiarisce del tutto le modalità operative rispetto alle indicazioni teoriche che vengono fornite. Vi sono diversi e molteplici casi in cui l’applicazione pratica si complica rispetto alla logica con cui la chiarificazione è fornita. Cosa accade ade esempio per una impresa con una posizione Iva a credito periodica di 30, che opera con la PA ed emette una fattura di 100 con Iva (in split) di 22, che l’Ente Pubblico riversa direttamente nelle casse erariali. Il dato letterale della Risoluzione parrebbe indurre a pensare che i 22 versati in adempimento dello Split siano da considerare immediatamente nel “conteggio triennale del 10%”, ma è pur vero che l’impresa, operando in regime ordinario non avrebbe versato l’IVA sul conto fiscale, ma avrebbe ridotto la posizione creditoria da 30 ad 8.