Corte di Cassazione: la modifica di rendita va adeguatamente motivata

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2842, depositata ieri 6 febbraio 2020, ha stabilito che l’attribuzione della nuova rendita catastale deve essere contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, con oneri motivazionali a carico dell’Ufficio che devono adeguarsi ad esigenza di concretezza ed analiticità. Conseguentemente non può ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare semplicemente i presupposti normativi in astratto.

L’Ufficio notificava ad un contribuente un avviso di accertamento catastale, con il quale si rideterminava il classamento e la rendita (aumentandola) di un immobile. Veniva proposto ricorso con il quale si eccepiva, tra l’altro, il difetto di adeguata motivazione dell’atto impositivo, oltre all’assenza di attività istruttoria da parte dell’Agenzia in relazione alle caratteristiche effettive del bene in questione. La CTP accoglieva la domanda del contribuente ma la decisione era ribaltata in appello, dove la CTR riteneva corretto e legittimo il comportamento tenuto dall’Ufficio. Il contribuente impugnava quindi la sentenza di secondo grado, lamentando sostanzialmente l’erronea ovvero insufficiente motivazione della stessa sotto diversi profili.

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2842, depositata il 6 febbraio 2020, ha accolto il ricorso del contribuente e, decidendo nel merito, ha annullato l’atto impositivo originariamente impugnato senza necessità di rinvio. Rispetto a quando l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, se, come nella specie, è l’Agenzia ad eseguire d’ufficio il mutamento di classe e rendita, l’obbligo di motivazione dell’accertamento assume una connotazione ancora più ampia: infatti, andandosi ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario evidenziare elementi di discontinuità che ne legittimino la variazione. In particolare va specificato se detto mutamento consegue a trasformazioni specifiche subite dall’immobile in questione oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla zona in cui esso si colloca. L’Ufficio, se intende rivedere i parametri di una microzona, basandosi sul significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato e quello catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può emettere un provvedimento che faccia solo riferimento a generici ed astratti parametri di legge ed a provvedimenti amministrativi a fondamento del classamento. Unica eccezione è se almeno da questi ultimi siano evincibili gli elementi che, in concreto, hanno inciso sulla modifica di classe e rendita. L’obbligo di motivazione gravante sull’Agenzia deve essere infatti assolto in maniera rigorosa, in modo che il contribuente sia messo in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento e potersi difendere di conseguenza. Peraltro la motivazione del riclassamento deve essere così specifica anche per delimitare immediatamente l’oggetto dell’eventuale futuro contenzioso: infatti detta motivazione non può essere integrata dall’Ufficio nel giudizio di impugnazione avverso il relativo atto impositivo. A tal proposito risulta in ogni caso irrilevante che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese, perché altrimenti si legittimerebbe un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della motivazione in base alla difesa svolta dal contribuente, invece che un giudizio ex ante fondato sulla rispondenza degli elementi in concreto esposti.
Nella specie la CTR aveva erroneamente ritenuto sufficientemente motivato l’atto fondato esclusivamente sulla revisione generalizzata del classamento degli immobili compresi in una determinata microzona e sul riferimento di immobili similari in base alla sola collocazione nella medesima microzona.
L’atto impositivo non aveva quindi rispettato gli obblighi motivazionali imposti e pertanto va annullato.